Fidelizzare un cliente costa molto meno che acquisirne uno nuovo. E’ da questa affermazione, che si può leggere non solo sulla grande maggioranza di articoli e white paper relativi al CRM (Customer relationship management), ma anche su ogni brochure di vendor o agenzie che propongono strumenti e programmi di loyalty, che si vuole iniziare questo nuovo articolo.
Da quanto riportato sopra, è facile dedurre che non “il cliente“, ma “il cliente fidelizzato” è il vero tesoro dell’azienda. Un cliente con il quale l’azienda ha saputo stabilire un rapporto solido, guadagnandosi la sua stima e la sua fiducia e ricevendone in cambio non solo un certo volume d’affari ma anche preziosi consigli e suggerimenti per migliorare la propria attività.
Nel settore automotive, è nel post-vendita che, in particolar modo, si “gioca” la fidelizzazione del cliente. Nella fase post-vendita, infatti, rientrano un insieme di servizi indispensabili, collaterali, che fanno parte del “pacchetto” complessivo che il cliente acquista, servizi che generano un valore aggiunto e contribuiscono in maniera significativa al rapporto di fedeltà.
Se, effettivamente, vale quanto scritto inizialmente, ovvero, che mantenere un cliente costa molto meno che acquisirne uno nuovo, perché le aziende del settore automotive esternalizzano alcuni servizi strategici, utili a fidelizzare un cliente, ad aziende esterne? La prima risposta che viene in mente è che il core business di un’azienda di automobili è fare automobili e che, di conseguenza, tutto il resto va esternalizzato.
Di primo acchito la risposta può apparire giusta ma, facendo una disamina più approfondita dell’argomento, si capisce che la determinazione dell’esternalizzazione può non rendere, in termini di rientro di capitali o addirittura danneggiare l’azienda.
Affinché l’azienda sopravviva, una volta prodotte le auto, è necessario che qualcuno le acquisti. L’acquisto, come è noto, passa dalla fidelizzazione che diventa quasi il punto focale di tutto il processo, elemento chiave, nella scelta finale di un consumatore, fonte per le aziende di quella redditività necessaria al sostegno del proprio sviluppo. La fidelizzazione, è fuori dubbio, che assume un ruolo di rilievo e, per questo, si rende necessario che l’esternalizzazione punti su aziende outsourcing dove competenza e conoscenza, non disgiunte dalla osservanza di chiari principi, sono assolutamente indispensabili.
Ma le case madri conoscono tutti i meccanismi e la loro articolazione all’interno delle aziende di outsourcing? Hanno la certezza di aver individuato gli strumenti più idonei per l’attribuzione di responsabilità ai soggetti terzi che vengono coinvolti nei processi aziendali?
Rispondere a questa domanda non è facile, ma l’esperienza vissuta da alcuni soggetti porta a fare qualche considerazione sui meccanismi adottati, per esempio, sui processi di selezione del personale che coinvolgono centinaia di giovani e contribuiscono, anche se in minima parte, a costruire la “credibilità” di una azienda.
Il recruiting standard e quello virtuale
Nato negli Stati Uniti, e diffuso ora anche in Italia, il recruiting virtuale, ovvero, la selezione del personale, supportata dall’utilizzo di webcam e di Skype, sta attraversando una fase di successo, dovuta al guadagno, in termini di tempo e denaro, per le aziende ma soprattutto per i candidati.
Uno strumento valido che mette in comunicazione diretta laureati e non con il mondo del lavoro, alla velocità, immediatezza ed economicità offerta da internet che, non per ultimo, consente alle imprese di testare da subito le competenze high tech dei candidati.
Colloqui , quelli on-line, che tra gli altri vantaggi, hanno anche quello di essere “sostenibili” (provate a calcolare, qui, l’emissione di CO2 durante gli spostamenti), e che non diventano sostitutivi di una conoscenza approfondita che dovrà necessariamente avvenire di persona, ma che, certamente, permettono alle imprese, specie a quelle che hanno nella mission l’eliminazione degli sprechi dei clienti, di compiere, in modo rapido, una prima selezione dei profili più interessanti e che consentono a chi cerca lavoro di ottimizzare le spese. Ma quante sono le aziende che adottano il metodo descritto? Ancora poche a giudicare dall’esperienza fin qui acquisita.
E’ successo, infatti, a taluni, compreso lo scrivente, di percorrere migliaia di chilometri per sostenere tre colloqui, andare incontro a spese di viaggio per diverse centinaia di euro, senza sapere per quale posizione si concorreva, perché spesso anche tre colloqui, a qualche multinazionale, pare non bastino per avere le idee chiare sulle qualità del candidato.
E se quando le idee sono chiare, al quarto incontro, anche quello ovviamente a spese del candidato, offrono, con toni degni di Marco Sul Pezzo di Zzzoot, un call-center (a saperlo prima!) al quale non si è minimamente interessati? E non solo. Sorvolando su laurea e master in tasca, questi addetti, infatti, portano il candidato a mettere da parte ogni ambizione e a rassegnarsi a svolgere il ruolo di telefonista, tentando di convincerlo che, come accade a Zzzoot, non si tratta di un semplice call-center, ma di un progetto ambizioso, un Call-Center 3.0, che “dà l’idea di una conversazione superiore con il cliente“!
Alla selezione di Zzzoot, tanto per completare il quadro… per chi ne fosse interessato, tra i requisiti fondamentali che deve avere lo stagista “telefonista modello” c’è “che sappia essee lidee…deve ave’ porso“, deve capire inoltre “ca’ dizione italiana è mportante, bisogna rispondere ar telefono ca’ dizione giusta!” (podcast completo).
La considerazione finale, su quanto espresso e sull’esperienza diretta vissuta, è quella di augurarsi che le aziende assumano una filosofia-coscienza diversa che non trascuri il rispetto della persona umana.
Sergio Lanfranchi
E’ la triste realtà!
Che dire: anche io mi trovo d’accordo con chi ha scritto questo articolo in quanto ho vissuto la stessa situazione presso l’M.. International (sconsigliata!!!).
3 colloqui a spese mie nei quali ogni volta non veniva neanche specificato per quale posizione si era candidati.
Semplicemente ASSURDO!!!
Opero da anni nel settore automotive e in Italia la situazione è abbastanza critica.
Nel noleggio auto ad esempio ancora si utilizzano dei sistemi di controllo antiquati con programmi di preventivazione in DOS.
Spesso troviamo ostacoli da alcuni dipendenti che da perfetti ignoranti in materia si affidano ad alcune software house scadenti ma note nell’ambiente o peggio ancora da società di servizi…che più che servizi offrono disservizi.
Ce ne vorrà di tempo ma prima o poi le cose cambieranno anche qui.
Ho fatto anche io poso tempo fa un colloquio con la società citata da Fortunato. Davvero un’esperienza pessima…che mi ha porta da dire che non comprerò più vetture Ford fin quando i servizi esternalizzati saranno affidati ad eziende del genere.
Ho intuito a quale azienda si fa riferimento. Trovo sia davvero di basso livello il loro comportamento e trovo anche che siti quali Monster non debbano dare spazio ad annunci di tali aziende.
Ho fatto 3 colloqui, tutti a mie spese (un totale di circa 600 euro),attraversando l’Italia, senza mai sapere esattamente cosa cervano. Ad ogni incontro mi veniva detto “il prossimo è decisivo e le diremo di cosa si tratta”.
Dalle testimonianze raccolte dagli altri candidati ho visto che veniva detto a tutti la stessa cosa.
Ad oggi, la stessa azienda, figura nei principali motori di ricerca di lavoro, con i medesimi annunci.
VERGOGNA!!!