L’articolo “Servizi post-vendita in Outsourcing per il settore Automotive: qualche considerazione, anche sulla selezione del personale” pubblicato il 9 aprile u.s., su questo sito, ha suscitato molto interesse, a giudicare dai numerosi lettori che lo hanno condiviso e dalle e-mail ricevute.
Alcuni commenti, e fra questi quello a firma del dott. Alessandro Sposato, Esperto del settore BPO (Business Service Outsourcing), hanno fornito ulteriori spunti di riflessione di cui vogliamo fare partecipi tutti voi. Per questo riportiamo il testo citato, pubblicato sul gruppo LinkedIn “Il Mercato Italiano del Lavoro – The Italian Job Market“, in un clima di cortese dialogo inteso a chiarire alcuni punti dell’argomento oggetto dell’articolo.
“…commento sia in veste di Esperto del settore BPO sia in veste autenticamente personale, come un qualsiasi uomo della strada che ha affrontato e continua ad affrontare il mondo del lavoro in questi tempi di crisi. Partirei, per senso logico, dalle ragioni alla adozione di strategie di outsourcing; il settore Automotive, come molti altri, ha spesso impiegato l’outsourcing (in questo caso si tratta proprio di BPO, business process outsourcing) nei processi di ‘Customer Care Management‘, ovvero nella gestione post-vendita del cliente. In questo ambito i servizi ed i micro processi gestiti sono innumerevoli ma comunque assimilabili alla definizione di processi amministrativi di back office (segnalazione danni, malfunzionamenti, garanzie, apertura pratica di manutenzione degli autoveicoli, assicurazioni). L’adozione di strategie di outsourcing viene portata avanti per fini di ‘variabilizzazione’ di componenti di costo (personale) che di per se sarebbero fissi e non legati all’effettiva curva di domanda del mercato. Gestire un processo in outsourcing non equivale a gestire con poca qualità, anzi, se il progetto è gestito attraverso la consulenza ed il contributo di società di dimensione e capacità di rilievo, spesso il bagaglio di conoscenza e di professionalità apportato può sensibilmente migliorare le performance e il grado di innovazione dell’azienda. Per quanto concerne le considerazioni sulla selezione del personale, concordo con te che la qualità complessiva del mercato della ‘Selezione’ è sostanzialmente depauperata; si è passati da una selezione ‘esclusiva’ (cioè che sceglie ed esclude le risorse che non hanno le conoscenze, capacità e competenze per effettuare una attività) ad una selezione ‘a quantità’, dove il committente monopolista è l’azienda che misura attentamente i costi di questa preziosissima attività, impone standard poco aderenti alla realtà di mercato, ‘vende’ il lavoro senza badare alle concrete possibilità di riuscita della risorse nel ruolo proposto. L’unione di queste logiche con l’applicazione di modelli di outsourcing dove manca un forte allineamento tra obiettivi dell’azienda e svolgimento operativo dei service provider, non può che creare danni. Allora però, l’unica vera e conclusiva osservazione che mi sentirei di fare è che, come spesso accade, gli strumenti a disposizione per modellare le organizzazioni e creare nuovi servizi per i clienti di per se non sono ne ‘buoni ne cattivi’ (personalmente odio demonizzare qualsiasi cosa, perchè demonizzare significa generalizzare, rendere tutto omogeneo e privo di realtà e concretezza), ma è l’uso che talune persone ne fanno a procurare benefici o danni alla comunità dei vari attori coinvolti (stakeholders) che sono tanti e guidati da interessi frammentati: clienti, lavoratori, azionisti, management, comunità finanziaria, banche, sindacati, governo, sistema economico.”
Le considerazioni fatte nel commento, che sposo in toto, hanno fornito ulteriori spunti di riflessione e conoscenza.
La mia attenzione si è focalizzata, in particolare, sulla selezione del personale, per una vicenda avvilente vissuta in prima persona.
Come messo in risalto nella risposta, “il mercato della ‘selezione’ è sostanzialmente depauperato” e, non seguendo più alcuni criteri e basando soprattutto la scelta su logiche di costi, può provocare danni.
Se viene meno, poi, il rapporto empatico fra le parti e l’uniformazione degli obiettivi è scontato che non si rende un buon servizio.
Il “giudizio”, certamente, non è applicabile nella sua totalità, e in modo indiscriminato, a tutte le aziende.
Sarebbe frutto di qualunquismo, un’impudenza che andrebbe a ledere il decoro e la professionalità di tanti operatori, ma più esperienze maturate tra i giovani, tendono a dimostrare che il problema esiste, e in larga misura, per alcune variabili che interagiscono all’interno del processo, ivi compresa la disattenzione per la persona e il mancato rispetto per l’ambiente.
Immagine tratta da: recruitmentprocessoutsourcing.ning.com
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